Miele, il mio cane
Dal novembre 2013 abbiamo un cane, un meticcio anziano, adottato presso un canile comunale. Non è un campione in niente, ma è sereno in ogni suo movimento e composto in ogni posa, non assilla, non abbaia, non richiede particolari attenzioni: è autonomo e tranquillo. Se i ragazzi lo importunano, sopporta, ignora se può, al limite lancia un ringhio d’avvertimento, ma non reagisce. Solo se loro insistono fa il gesto per farli arretrare o da un leggero morsetto, ma sembra quasi dargli fastidio toccare la pelle con i suoi denti.
Dopo tre settimane dall’adozione ci è scappato in un attimo di fiducia e di disattenzione. Ma non è fuggito e basta. Per tre ore ci è passato davanti prima di andarsene. Cinque sei, sette volte vicino, ma non abbastanza. E noi a rincorrerlo. Lui cinquanta metri avanti si voltava a cercarci, noi lo chiamavamo, lo imploravamo di tornare, gli ordinavamo di fare la cuccia. Lui rimaneva incerto, poi lentamente ripartiva senza meta. Dopo chilometri di inseguimento il suo vantaggio era troppo e lo perdemmo di vista. A nulla valsero le ricerche notturne, le denunce ai Carabinieri, i cartelli stampati. Lo ritrovarono in un lago di sangue in un altro quartiere. Ce lo riconsegnarono esanime, con una grave ferita alla zampa destra: si era impigliato in qualche rete, ma era indubbiamente un cane fortunato!
Ci vollero due operazioni chirurgiche e più di cento medicazioni per rimetterlo in sesto. All’inizio non era nemmeno in grado di camminare ed ora è tornato in forma ed era un piacere vederlo correre veloce con mia figlia, l’atleta, nelle loro sgambate quotidiane.
Con noi è divenuto dolce, con due occhioni discreti, che non ti perdono mai di vista. Si accoccola vicino al letto o al divano, senza disturbare, gli basta la compagnia. Per mia moglie poi ha un debole. Se si allontana anche solo per due minuti, al ritorno le fa le feste come se fosse mancata un mese intero.
Con noi è venuto sulla neve, nei boschi, ha nuotato in mare e nel lago, ha corso sulla sabbia, ha sofferto durante le partite di basket, di calcio e le gare di corsa. Noi eravamo in pena per il risultato, lui per i fischi, gli spari e i tanti rimbombi della palla. Insomma giorno dopo giorno è diventato uno di famiglia e proprio per questo mi ha ispirato molte storie. Ognuna coglie un particolare, un momento, un tratto del suo carattere o del nostro modo di stare con lui, esasperati e amplificati fino a renderli comici, ironici e drammatici al tempo stesso e anche inevitabilmente umanizzati.
Buona lettura, Fabrizio Trainito
Leggi la prima storia della mia raccolta
Dal novembre 2013 abbiamo un cane, un meticcio anziano, adottato presso un canile comunale. Non è un campione in niente, ma è sereno in ogni suo movimento e composto in ogni posa, non assilla, non abbaia, non richiede particolari attenzioni: è autonomo e tranquillo. Se i ragazzi lo importunano, sopporta, ignora se può, al limite lancia un ringhio d’avvertimento, ma non reagisce. Solo se loro insistono fa il gesto per farli arretrare o da un leggero morsetto, ma sembra quasi dargli fastidio toccare la pelle con i suoi denti.
Dopo tre settimane dall’adozione ci è scappato in un attimo di fiducia e di disattenzione. Ma non è fuggito e basta. Per tre ore ci è passato davanti prima di andarsene. Cinque sei, sette volte vicino, ma non abbastanza. E noi a rincorrerlo. Lui cinquanta metri avanti si voltava a cercarci, noi lo chiamavamo, lo imploravamo di tornare, gli ordinavamo di fare la cuccia. Lui rimaneva incerto, poi lentamente ripartiva senza meta. Dopo chilometri di inseguimento il suo vantaggio era troppo e lo perdemmo di vista. A nulla valsero le ricerche notturne, le denunce ai Carabinieri, i cartelli stampati. Lo ritrovarono in un lago di sangue in un altro quartiere. Ce lo riconsegnarono esanime, con una grave ferita alla zampa destra: si era impigliato in qualche rete, ma era indubbiamente un cane fortunato!
Ci vollero due operazioni chirurgiche e più di cento medicazioni per rimetterlo in sesto. All’inizio non era nemmeno in grado di camminare ed ora è tornato in forma ed era un piacere vederlo correre veloce con mia figlia, l’atleta, nelle loro sgambate quotidiane.
Con noi è divenuto dolce, con due occhioni discreti, che non ti perdono mai di vista. Si accoccola vicino al letto o al divano, senza disturbare, gli basta la compagnia. Per mia moglie poi ha un debole. Se si allontana anche solo per due minuti, al ritorno le fa le feste come se fosse mancata un mese intero.
Con noi è venuto sulla neve, nei boschi, ha nuotato in mare e nel lago, ha corso sulla sabbia, ha sofferto durante le partite di basket, di calcio e le gare di corsa. Noi eravamo in pena per il risultato, lui per i fischi, gli spari e i tanti rimbombi della palla. Insomma giorno dopo giorno è diventato uno di famiglia e proprio per questo mi ha ispirato molte storie. Ognuna coglie un particolare, un momento, un tratto del suo carattere o del nostro modo di stare con lui, esasperati e amplificati fino a renderli comici, ironici e drammatici al tempo stesso e anche inevitabilmente umanizzati.
Buona lettura, Fabrizio Trainito
Leggi la prima storia della mia raccolta